Chiudere una relazione tossica: facciamolo insieme
Lo psicologo è la figura professionale indicata per interrompere il circolo vizioso della dipendenza affettiva e per comprendere se sia giusto chiudere una relazione tossica.
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Che cos’è una relazione tossica?
Una relazione tossica è caratterizzata da comportamenti dannosi a livello fisico e/o a livello emotivo. Questi comportamenti spesso vengono inflitti da un partner, da una persona nella cerchia familiare o lavorativa. Una relazione sana contribuisce alla nostra autostima, apporta un’energia positiva ed implica una cura reciproca, il rispetto, l’interesse per il benessere e la crescita dell’altro. Al contrario una relazione tossica è caratterizzata da ansia, insicurezza, egocentrismo, dominio e controllo. I rapporti interpersonali e di coppia sono sani quando possiamo essere noi stessi senza paura, ci sentiamo a nostro agio e al sicuro. Chiudere una relazione tossica è l’unica soluzione per mantenere la propria integrità psico-fisica.
Come capire se si sta vivendo una relazione tossica?
Riconoscere un abuso emotivo non è semplice. Se la violenza fisica lascia segni visibili, la violenza psicologica, nonostante possa lasciare ferite ancora più profonde, è subdola e può essere nascosta con facilità. Ciò che caratterizza una relazione tossica è la gradualità con cui gli abusi e le manipolazioni si manifestano ed aumentano nel tempo. Se una persona al primo appuntamento sapesse dove la porterà quella relazione, molto probabilmente lascerebbe perdere fin da subito perché razionalmente non troverebbe accettabile dover essere sottoposta ad abusi psicologici.
Eppure per tutte le persone vittime di un abuso psicologico risulta molto difficile chiudere una relazione tossica. La situazione viene accettata perché la gravità degli atti violenti è dilatata ed aumenta in modo graduale nel tempo. L’asticella della sopportazione viene perennemente alzata dall’aguzzino: la vittima arriva a credere che sia tutto normale o addirittura a sentirsi in colpa o a dubitare della propria salute mentale. Ecco qui di seguito i principali segnali della manipolazione emotiva di questa dipendenza comportamentale.
Umiliazioni, negazioni e critiche
Queste tecniche di manipolazione hanno come obiettivo quello di minare l’autostima. Si manifestano a livello verbale e possono includere insulti, l’uso di soprannomi sprezzanti, scherzi e battute svilenti, umiliazioni che riguardano l’aspetto fisico, la sottovalutazione dei successi professionali e personali, rifiuto verso gli interessi e gli hobby (considerati infantili o stupidi) e il fare leva sui punti deboli della persona per deprimerla e farla sentire in colpa.
Controllo ed isolamento
Il manipolatore può mettere in atto una o più strategie di controllo diretto come il monitoraggio degli spostamenti, delle frequentazioni, e delle attività online. Un’altra strategia di controllo è quella di limitare le risorse economiche della vittima in modo che sia finanziariamente dipendente dal manipolatore e, indirettamente, le sia impedito di porre fine alla relazione. Se invece la vittima non reagisce secondo le aspettative e agli ordini del manipolatore, questo potrebbe rispondere come eccessi d’ira e di rabbia per motivi futili, volti ad innescare un senso di colpa del partner. Questo atteggiamento provoca nella vittima una risposta sempre più accondiscendente per paura di una reazione spropositata. Il partner violento può imporre ordini diretti, come ad esempio esigere di portargli la cena o di soddisfare altri suoi bisogni. La reazione della vittima sarà quella di mettere da parte le proprie necessità, le proprie amicizie e le relazioni familiari, fino ad un annullamento della propria personalità e ad un isolamento sociale.
Se ti sei ritrovi in una o più affermazioni potresti vivere una relazione di dipendenza affettiva, se hai bisogno di un supporto, puoi scrivermi o contattarmi telefonicamente.
Accuse infondate, negazione e gaslighting
Queste strategie manipolative vanno al di là di una normale gelosia: prevedono accuse infondate di tradimento o di avere atteggiamenti altre persone. Altro fenomeno frequente è quello del gaslighting, termine inglese che deriva da un’opera teatrale degli anni ‘30, Gaslight, in cui un marito, affievolendo le luci dell’ambiente domestico, cerca di portare la moglie alla pazzia, facendole credere che sia tutto frutto della sua immaginazione. Questo tipo di violenza psicologica porta la vittima da un iniziale senso di disorientamento fino a mettere in dubbio la propria sanità mentale.
“Te lo sei immaginato, non ho mai detto questo”, “Io non sono mai andato in questo posto con te, ci sarai andata con qualcun’altro”, “E’ preoccupante, non riesci neanche più a trovare le tue cose”, sono tutti generi di frasi che possono essere pronunciate da un manipolatore ed essere considerate un campanello d’allarme.
Anche ribaltare completamenta la situazione può essere un’altra forma di violenza psicologica: il manipolatore si traveste da vittima e la incolpa di avere reazioni spropositate, banalizzando talvolta il problema.
Indifferenza ed abbandono emotivo
Violenza psicologica non significa soltanto insulti, eccessi d’ira e dispotismo. Una forma molto sottile di violenza è quella del silenzio e dell’indifferenza, spesso utilizzata come punizione verso il partner da manipolatori e narcisisti. Ogni tentativo di contatto fisico viene interrotto. Allo stesso modo, ogni tentativo di comunicazione da parte dell’abusato viene stroncato dal manipolatore che se ne va o cambia argomento, generando nella vittima un senso di isolamento e di abbandono emotivo.
Quali sono i campanelli d’allarme da non sottovalutare in un rapporto di coppia?
Ti rendi conto che vorresti chiudere la tua relazione tossica perché ti senti infelice ma:
- hai paura di lasciare il/la tuo/a compagno/a preferendo continuare a vivere una relazione malsana ma certa;
- cerchi l’approvazione del partner in modo costante nonostante lui/lei ti sminuisca;
- metti da parte tutti i tuoi bisogni per soddisfare i suoi e ti sembra che i sacrifici che fai siano a “senso unico”;
- hai gradualmente represso i tuoi sentimenti negativi nei suoi confronti per amor di pace o per paura delle sue reazioni;
- ti senti spesso in colpa anche se, di fatto, non hai fatto nulla di male nei suoi confronti;
- ti sei gradualmente isolata/o dalla tua cerchia di amici o dalla tua famiglia per compiacerlo/a;
- vuoi a tutti i costi cercare di salvarlo/a dai suoi problemi e migliorarlo/a.
Cosa puoi fare se stai vivendo un abuso emotivo?
Una relazione di dipendenza è un circolo vizioso in cui l’aggressore, per aumentare la sua scarsa autostima, ha bisogno di un/una partner che volga ogni suo comportamento per soddisfare i suoi bisogni. Non servirà a nulla assecondare l’aggressore: un atteggiamento remissivo non servirà a salvarlo o guarirlo ma, al contrario, porterà gradualmente allo sgretolamento della tua integrità psicologica.
Se sei vittima di un maltrattamento psicologico, vorresti chiudere una relazione tossica ma non sai da che parte iniziare o hai bisogno di un supporto, puoi scrivermi o contattarmi telefonicamente. Se senti di essere in immediato pericolo chiama il 112.
© Psicoterapeuta e psicologa Jessica Ferrigno
Domande e risposte
Quando una relazione è tossica?
Una relazione è tossica quando danneggia e corrode la sicurezza dell'individuo, quando impedisce di sentirsi liberi e al sicuro. Una relazione è tossica quando non ci fa sentire adeguati, accettati e rispettati.
Cosa rende una relazione tossica?
Il tema del potere e del controllo è preponderante all’interno di queste relazioni. C’è un carnefice e c’è una vittima, uno che domina e l’altro subisce, uno superiore e l’altro inferiore. A partire da questo si attivano graduali, sottili forme di abuso psicologico, manipolazioni e violenza emotiva che la vittima fatica a riconoscere perché ne è immersa. In questo senso si parla di dipendenza affettiva.
Come uscire da una dipendenza affettiva?
Riconoscere segnali e dinamiche come forme di abuso e violenza è il primo passo per uscire dalla condizione di vittime. Per uscire da una relazione tossica è importante farsi aiutare e sostenere in un delicato percorso di riappropriazione di sé. Da soli è probabile che ci si perda.