Riconoscere una relazione tossica
Quando la sottile violenza psicologica viene scambiata per troppo amore
Contenuti dell'articolo
Vuoi capire se la relazione che stai vivendo è una relazione tossica?
Nelle relazioni tossiche vi è una vittima ed un carnefice, per questo le relazioni tossiche vanno a braccetto con la dipendenza affettiva all’interno di una cornice di violenza sottile. Se non ti senti libero di stare in un luogo senza che il partner ne sia a conoscenza, significa che ha il potere emotivo di controllare i tuoi movimenti e spostamenti; se temi di muoverti o dire qualcosa che possa farlo arrabbiare significa che il tuo partner controlla la tua vita; se non ti senti a tuo agio nel parlare con qualcuno che sai che non piace al tuo partner significa che ha il potere di controllare i tuoi legami e amicizie. Questi semplici casi sono tutti esempi di manipolazioni ed abusi: sono la prova che sei all’interno di una relazione tossica.
Tutti i comportamenti volti a sminuire, denigrare, manipolare, controllare e punire il partner sono considerati abusi, che possono essere verbali o fisici: il partner che abusa vuole controllarci e dominare. Il mezzo con il quale raggiunge controllo e dominio è l’abuso- sia verbale che emotivo. Per mantenere potere e controllo sulla vittima e sulla relazione tossica, il manipolatore cerca di isolare la sua vittima: la isola dalla sua famiglia, da suoi amici, le impedisce di andare a lavorare perché, isolandola, ha il dominio sulla vittima.
Cosa significa vivere con un manipolatore e la sua violenza
Chi subisce violenze psicologiche ha molte difficoltà a riconoscerlo perché la violenza psicologica è più difficile da individuare di quella fisica: se la violenza fisica lascia segni visibili, la violenza psicologica no, ma in molti casi lascia ferite con solchi più profondi che si sentono dentro, nel corpo e nelle emozioni. Spesso assumono le tonalità dell’ansia, della paura, dell’allerta o le tonalità della tristezza, della depressione.
Il partner violento tende ad accrescere il proprio controllo sulla vittima in modo graduale, con la manipolazione e l’inganno, spesso affermando di farlo per il bene dell’altro e per l’amore che prova. Essere un manipolatore implica il manipolare, cioè maneggiare, apportare modifiche; in questo senso il manipolatore vuole cambiare, distorcere, controllare la personalità, i comportamenti o le percezioni dell’altro, senza accettarlo e rispettarlo. La vittima del manipolatore, altresì, subisce gravi ripercussioni e danni sulla salute mentale. È per questo che è importante essere capaci di smascherare i manipolatori e le violenze sottili che ne derivano. E salvarci dalla violenza, parte proprio dal riconoscimento di essere vittime di un maltrattante.
Riconoscere la violenza
Ciò che caratterizza le relazioni tossiche è la gradualità con cui gli abusi e le manipolazioni si manifestano, gradualità legata ai condizionamenti che la violenza esercita sulla vittima, lasciando segni profondi ma non facili da riconoscere.
Purtroppo, ho già affermato, non è così semplice riconoscere la violenza. Spesso la si riconosce dai segni che lascia solo nel tempo: manie di controllo, gelosia morbosa, manipolazioni, squalifiche e svalutazioni, umiliazioni, insulti, derisioni, inganni, minacce, intimidazione, ricatti emotivi, sensi di colpa si insinuano subdoli e non vengono riconosciuti con facilità. Ma tutte queste azioni e comportamenti è importante vengano letti come abusi, maltrattamenti e violenze che lasciano segni e tracce nell’anima di chi li subisce.
La violenza, le molestie, il maltrattamento, l’abuso psicologico, funzionano come una forma di lavaggio del cervello sulle vittime. Alla base della violenza psicologica c’è sempre uno squilibrio rispetto alle dinamiche tra persone, dove una cerca costantemente di sottolineare l’inferiorità dell’altra, al fine di mantenerne la sudditanza e il controllo. La vittima inizia a credere in maniera sempre più profonda al suo persecutore, al fatto di non valere niente, di non essere niente senza di lui, entrando così in un circolo vizioso che mina la sua integrità, fisica e psichica, l’autostima e la fiducia in se stessa.
All’interno delle dinamiche di coppia, si possono giocare aggressioni e violenza sottili, aspetti meno evidenti di aggressività esplicita, ma che sono fonte di sofferenza e non devono essere accettati. La gradualità caratteristica delle relazioni tossiche fa sì che i comportamenti e le azioni compiute dal maltrattante non vengano riconosciuti come fattori di rischio, ma troppo spesso scambiati e giustificati per troppo amore. È importante riconoscere queste componenti, perché aggressività e violenza sottili corrodono, a lungo andare minano la sicurezza che abbiamo in noi stessi e negli altri. Diventano tossiche.
Tipi di abuso emotivo e di violenza psicologica
Umiliazioni, negazioni, critiche
Umiliare, negare l’evidenza, criticare, sono tutte strategie che si manifestano soprattutto a livello verbale, con lo scopo di minare l’autostima e la sicurezza delle vittime, facendole sentire nullità. Il manipolatore può usare dei nomignoli o termini offensivi che squalificano, tipo “fallita, stupidina, papera, sciocca, perdente”, facendo passare i termini per ironici, come fossero uno scherzo, quando invece sono tagli nell’anima. Anche il sarcasmo diventa un’arma.
Il maltrattante critica, ridicolizza e deride dicendo frasi tipo “so che ce la metti tutta, ma questa cosa è difficile per il tuo intelletto; so che per te è difficile da capire”, oppure umilia pubblicamente, imbarazzando, raccontando aspetti intimi della vittima, oppure prendendola in giro di fronte ad altri. Critica ed insulta. Può insultare per quanto riguarda l’aspetto fisico “quanto sei brutta, sei ingrassata, che culo grosso hai”, il modo di vestire “non hai un altro paio di scarpe?”, il modo di camminare, ridere o di parlare.
Sminuisce interessi e successi, dicendo che gli interessi e le passioni della vittima sono solo una perdita di tempo, che sono infantili, stupidi, inutili. Sminuisce i successi e i risultati affermando che in realtà non son veri, oppure non sono così importanti, che non si è raggiunto niente di così buono nella vita. Il persecutore usa i punti deboli. Chi fa violenza psicologica, usa le fragilità ed i punti deboli della vittima. Purtroppo, spesso, nelle relazioni tossiche, vengono usati i figli come punti deboli, facendo spesso sentire il genitore, un cattivo genitore.
Dominio e controllo
Il maltrattante vuole controllare e dominare. Il mezzo con il quale raggiunge controllo e dominio è l’abuso psicologico sulla vittima: chi fa violenza psicologica vuole sapere ogni cosa che fai, dove sei, con chi sei in ogni momento. Vuole controllare ed essere conoscenza anche delle attività online e finanziarie. Dice cosa indossare, cosa pensare, con chi uscire, cosa e quanto mangiare o che persone frequentare. Chiede spiegazioni sul perchè hai fatto una certa azione o tenuto un certo comportamento, affermando il suo potere e controllo, attestando che tu sei una cosa sua, sua proprietà ed oggetto. Non più persona.
Se non viene fatto ciò che prospetta, o se non si risponde nei modi e tempi che reputa giusti, la reazione del persecutore è aggressiva, con esplosioni di rabbia e scoppi d’ira. Oppure se non viene fatto ciò che dice può attuare minacce con frasi minatorie tipo se non lo fai mi farai arrabbiare, sai cosa accadrà, andrà male.
Può dare ordini, imponendosi ed aspettandosi si esegua l’ordine, come “preparami la cena adesso, chiama mia sorella”. Può anche usare gli altri per manipolare, dominare e creare insicurezza, farti sentire a disagio. Frasi come “tutti pensano che hai sbagliato, i tuoi amici pensano che hai torto” sono manipolazioni messe in atto per sminuire la vittima, renderla insicura, farla sentire inadeguata, isolata ed in colpa.
Accusare, incolpare, isolare
Queste strategie tendono a creare una dinamica sbilanciata, nella quale il persecutore è in posizione di superiorità e la vittima di inferiorità, in una dinamica di dominanza e sottomissione. Accusare ed incolpare: tutto ciò che non va, durante la giornata, nelle interazioni sociali, dipende dalla vittima e da quello che fa, diventando continuo motivo di biasimo e critica. Anche la gelosia ha questa funzione: diventa accusa, rimprovero per essere stati seduttivi, colpa per avere flirtato con qualcuno.
La negazione è una strategia violenta: chi usa violenza psicologica sull’altro, tende a negare l’evidenza, la realtà. Questa violenza è conosciuta come “gaslighting” dove si forniscono false informazioni per indurre l’altro a dubitare delle proprie capacità mentali. “Non l’ho detto, non lo farei mai, tu sei matta” sono tutte frasi che inducono la vittima a dubitare di se stessa, disorientandola. L’obiettivo è quello avere controllo sull’altro, disorientare ed umiliare il partner, con lo scopo di minare la memoria e sanità mentale.
Abbandono emotivo, maltrattamento e isolamento
Per mantenere potere e controllo sul partner e sul legame, il violento tende ad isolare la sua vittima. Inoltre, tende ad affermare i propri bisogni emotivi e sminuire quelli dell’altro ed anche questo ha la funzione di allontanare la vittima dai suoi legami e dalle sue relazioni significative. Maltrattamento ed isolamento al fine di rendere la vittima sempre più dipendente e soggiogata.
In questo senso può trovare ostacoli o scuse varie per impedire che la vittima esca, o fare la vittima sempre impedendo la socializzazione del partner, arrivando anche ad impedire le interazioni con la famiglia, trovando modi e scuse per evitare e tagliare tutti i contatti familiari e sociali. Può arrivare anche ad impedire di lavorare, per creare sudditanza. Per isolare e soggiogare, può anche manipolare e portare gli altri a mettersi contro la vittima. Tutto questo porta ad un profondo senso di isolamento ed abbandono emotivo, dove la vittima si sente completamente trascurata da tutto.
Tra le aggressioni e violenza sottili nella coppia abbiamo anche il silenzio prolungato dove non viene rivolta parola al partner, che viene ignorato. L’ignorare è una forma di aggressione ed umiliazione giocata verso il partner in cui l’indifferenza assume la tonalità di un abuso, così come il silenzio, forme di aggressione ed umiliazione sottili giocata verso il partner. Spesso un modo per punire. In questo modo si crea un clima di tensione, di disagio.
Il silenzio sembra essere la punizione preferita dai manipolatori e dai narcisisti. Il silenzio diventa arma, punizione con cui far pagare i torti. Perché non si è stati d’accordo con la loro richiesta o perché abbiamo detto una frase che non gli è piaciuta. Il silenzio diventa un modo per punire sistematicamente chi è vicino, il silenzio quando gli altri non obbediscono ai comandi, quando non compiacciono. Il silenzio diventa un modo per farla pagare, arma, attacco, aggressione.
La cura e il percorso di affrancamento
Chi subisce violenze psicologiche ha molte difficoltà a riconoscerlo, anche se ne porta i segni indelebili nell’anima. Ma riconoscere tutte queste situazioni, le frasi, le dinamiche come forme di abuso emotivo e di violenza psicologica, insieme al riconoscere che tutto questo non ha nulla a che fare con l’amore, sono il passo indispensabile per intraprendere un percorso di affrancamento. Se ti sei riconosciuto in queste dinamiche, allora sei una vittima di violenza ed è importante tu lo riconosca per iniziare a vedere le cose con sguardo diverso. Quello che stai vivendo e stai provando è il frutto della violenza a cui sei sottoposto. Non ha nulla a che fare con l’amore.
La cura passa per un percorso impervio, il più in salita, con possibili scivolate e ricadute. Il famoso “no contact”, la regola del non contatto, è un obiettivo che io do sul lungo termine; sarebbe come prescrivere ai miei pazienti tossicodipendenti di non usare sostanze! Certo che è un obiettivo fondamentale, ma si situa quasi in cima rispetto alla strada da percorrere. Per ritrovarsi, bisogna elaborare il lutto di aver perso se stessi e da lì ripartire.
Se ti sei riconosciuto in questa affermazioni e dinamiche, allora sei probabilmente una vittima di violenza. Se vuoi aiuto, puoi scrivermi o contattarmi telefonicamente per un consulto.
© Psicoterapeuta e psicologa Jessica Ferrigno
Domande e risposte
Quando una relazione è tossica?
Quando nella relazione vi è uno squilibrio ed uno dei partner ha il potere e controllo sull'altro.
Perchè ci si fa male continuando a stare in una relazione tossica?
La gradualità della violenza è caratteristica di queste relazioni, che portano al dominio totale sulla vittima, che non è più persona, ma diviene strumento nella mani dell'altro.
Come ci si può curare da una relazione tossica?
La cura passa per un percorso impervio, con possibili scivolate e ricadute. Per ritrovarsi, bisogna elaborare il lutto di aver perso se stessi e da lì ripartire.